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  • Julien Friedler. Behind the world

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    sede: Complesso del Vittoriano – Ala Brasini (Roma).
    cura: Dominique Stella.

    La mostra propone un percorso lineare nel mondo mitico di Julien Friedler: 20 recenti opere di grande formato e l’installazione “La Forêt des Âmes” consentono al visitatore di entrare nell’immaginario costruito da Friedler che unisce spettacolarità, pensiero mitologico e forza evocativa.

    Fulcro centrale della mostra è l’installazione “La Foresta delle Anime – La Forêt des Âmes” (2009-2010): 9 colonne che rappresentano la volontà partecipativa e azionista dell’universo di Friedler e che mirano alla nascita di una moderna spiritualità collettiva fondata sull’arte.
    Questa “foresta di anime” universalmente radunate a Roma è il progetto più alto di Friedler ovvero quello della creazione di un’Umanità nuova capace di essere Comunità.
    L’opera – dopo New York, Bruxelles, Milano, Spoleto, Rivara e prossimamente esposta anche a Parigi – prende le mosse dallo Spirit of Boz, progetto partecipativo che si esprime nelle risposte spontanee date dal pubblico a un questionario.
    Le migliaia di risposte raccolte finora in tutto il mondo – unite adesso a quelle dei visitatori romani – costituiscono la materia di cui sono composte le 9 colonne-contenitori dell’opera.
    Al Vittoriano sarà quindi possibile depositare il proprio messaggio e leggere quello degli altri.

    Dipinti e installazioni sono i portavoce di un immaginario ricolmo e costituiscono i segni visibili di una verità che l’artista sviluppa attraverso tematiche dal taglio molto personale. Julien Friedler si fa portatore di una visione umanista, delineata tramite le opere ma anche con un’attività di condivisione che porta avanti attraverso l’associazione Spirit of Boz che esprime l’urgenza di riconciliare azione e contemplazione, nell’intento di promuovere un pensiero umanista e catartico.

    La mostra Julien Friedler. Behind the world è prodotta dall’Associazione Spirit of Boz for Contemporary Art.

    Gestione e organizzazione Complesso del Vittoriano – Ala Brasini del Gruppo Arthemisia.
    Catalogo edito da La Route de la Soie – Éditions, Paris.

  • Retour sur Outsider Art Fair

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    Non solo Fiac. A Parigi l’Outsider Art Fair, la fiera dedicata all’Art Brut e agli “irregolari”

    Durante l’art week parigina, collateralmente alla chiacchierata e battuta Fiac, si svolge una fiera rivolta alle opere e agli autori sui quali, di solito, non sono puntati i riflettori dello star system del mondo dell’arte. Si tratta della Outsider Art Fair, la fiera dedicata all’Art Brut e agli artisti irregolari. Ecco il nostro racconto.

    Dopo le prime due edizioni del 2013 e 2014 all’Hotel Le A in Rue d’Artois, per il terzo anno consecutivo la versione europea dell’Outsider Art Fair ha sede all’Hotel du Duc in rue de la Michodière. L’evento parigino, costola della fiera madre che si tiene tutti gli anni in gennaio a New York, ha moltissimi seguaci: lo si è visto nella giornata del 19 ottobre, in occasione dell’anteprima riservata al pubblico speciale – art advisor, critici, direttori di museo, opinion leader, collezionisti selezionati e immancabili VIP –, e più tardi al vernissage, affollatissimo fino alla chiusura delle ore 22.

      

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  • The Truth of the Labyrinth : Marica Rebecca Ballestra e Julien Friedler

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    Suite à la rencontre organisée par Steliyana Rouskova entre Julien Friedler & Rebecca Ballestra, une collaboration artistique est née. Plusieurs expositions ont eu lieu, comme une correspondance au coeur même de la Vérité du Labyrinthe écrite par Julien. De cette rencontre, de ces expositions découlent aujourd'hui un très bel article à découvrir ici...

     

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    Un viaggio sciamanico alla riscoperta del legame che accomuna gli esseri viventi in un unico destino, un percorso interiore alla ricerca di una consapevolezza più profonda, un incitamento a perdersi per esplorare nuove connessioni di senso, un testo filosofico che invita alla contemplazione e alla libertà di pensiero e la sfida di asservire l’armamentario concettuale dell’arte ad una riflessione esistenziale. The Truth of the Labyrinth è un progetto di Maria Rebecca Ballestra in 9 tappe, concepito nel corso della sua recente residenza in Arizona incentrata sull’esperienza del selvaggio e ispirato ai testi dell’omonima raccolta dell’artista belga Julien Friedler. La prospettiva del viaggio, da sempre centrale nel lavoro di Ballestra come strumento per conoscere e relativizzare differenze culturali spesso all’origine dei violenti conflitti d’interessi che infiammano la nostra contemporaneità,  diventa spunto per affrontare tematiche ancestrali come il linguaggio, la memoria, il sacro, la morte, il corpo, l’immaterialità e il soverchiante mistero della natura.

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    Accogliendo l’invito alla contemplazione di Friedler, secondo cui la percezione delle energie vive che sono che condizione necessaria per costituire una moderna mitologia fondata sull’arte, Ballestra trasforma la sua permanenza nel Deserto del Sonora in un itinerario dell’anima concettualizzato attraverso la simbologia del labirinto. La prima tappa racconta il suo immediato spaesamento di fronte alla Natura incontrollabile e imprevedibile, l’accettazione dell’impotenza e il superamento delle proprie barriere nell’incontro con il sacro che pervade ogni primordiale forme di vita. Un labirinto di spine dunque richiama i cactus che secondo gli indiani O’Odham custodiscono le anime degli antenati, un vortice di piume allude ai corvi imperiali che dall’alto avvertono gli orsi della possibile presenza di prede, mentre un circolare ghirigoro di parole rimanda al dedalo linguistico con cui l’uomo nomina le cose per districarsi dalla complessità dell’indifferenziazione originaria. Nella misura in cui la realtà viene organizzata in categorie precostituite diventa più fragile l’identificazione dell’essere umano con la natura: anziché riconoscersi parte di essa, l’uomo tende a porsi come soggetto che si relaziona con un altro da sé trasformato in oggetto delle sue azioni e pulsioni.

     

    Percorrere il labirinto è iniziarsi verso il suo punto nero centrale, la Morte, e tornare ad essere Uno con il Divino in tutte le sue manifestazioni e attraversare i paesaggi dello spirito. Presupposto fondamentale è un radicale azzeramento delle sovrastrutture per riscoprire la terribile bellezza della Universo, quella bellezza decantata dal poeta John Robinson Jeffers che ridefinì la propria poetica “inumanesimo”. Inhumanism è quindi la parola che anche Maria Rebecca Ballestra incide su alcune pietre naturalmente levigate in un tacito monito a riflettere sulla transitorietà delle azioni umane di fronte alla persistenza di una Natura potente e distante. Sviluppando le implicazioni della metafora del labirinto ed esplorando i possibili approdi della filosofia naturalistica, la seconda tappa del progetto è incentrata sul labirinto virtuale delle informazioni telematiche. Assimilando la tecnologia digitale al sistema nervoso dell’uomo, entrambi incapaci di discernere tra simulacro e realtà quando collegano i dati a loro disposizione per costruire una rete di senso, l’artista costruisce una parete modulare di piastrelle che riproducono un diagramma delle sinapsi cerebrali associate ad alcune parole chiave. La connessione, perfetta nel proseguimento del motivo su ciascun modulo risulta in realtà interrotta dallo spazio che lo separa dagli altri, instillando il dubbio sulla sua reale efficacia nel generare una verità assoluta.

    Dai labirinti si fecero affascinare anche Italo Calvino, Roland Barthes e Jorge Luis Borges e le lunghe conversazioni sull’argomento che intrattenne con loro hanno indotto Franco Maria Ricci a realizzarne uno di piante di bambù nel parco della Masone nei pressi di Fontanellato. Facendo omaggio a questa suggestiva opera architettonica naturale, Maria Rebecca Ballestra propone come tappa conclusiva della mostra il suo personale labirinto di bambù e parole. Alle canne di bambù, simbolo orientale di crescita spirituale per la perfezione del loro slancio verso l’alto, vengono associati alcuni frammenti del poema Sulla Natura di Parmenide di Elea e del testo La veritè du Labyrinte di Friedler e un video in cui Carl Gustav Jung disquisisce sul tema di Dio e della morte. Addentrandosi nella distinzione Parmenidea tra verità assoluta e opinione fallace e nel paradosso della negazione del mondo fenomenico e tangibile che implica, l’artista evoca il turbamento, la perplessità e la solitudine dell’uomo che forse non arriverà mai a comprendere pienamente la ciclicità della vita, l’immanenza del Divino nell’Universo e la sua eternità.

    Maria Rebecca Ballestra e Julien Friedler, The truth of the labyrinth

    5 settembre – 31 ottobre 2015

    Galleria Spazio Testoni, Via D’Azeglio, 50 Bologna

     

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  • Julien Friedler Offers Antidote to Conspicuous Consumption at Art Basel in Miami

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    By Sarah Cascone

     

    Amid an array of colorful paintings and sculptures, an unusual art project is taking place at UNTITLED in Miami Beach. The Truth of the Labyrinth, a project by Julien Friedler, asks fair goers to respond to a series of philosophical musings written by the Belgian artist.

    The air travel-adverse Friedler has dispatched two assistants to the fair, video cameras in hand, to record the conversations that arise from his whacky prompts, which touch on such subjects as globalization, the prevalence of money in society, and the existence of a higher power. They will be working at the fair all week.

    artnet News was asked to respond to text 2, which posed the question: “could art one day serve as a refuge from the noise and the rage within?” Mmmmm okay.

    For Friedler, discussing such lofty ideas is a work of art, albeit one that has no object or physical dimension. The conversation itself is enough. The only memento of the experience that participants come away with is a Polaroid of themselves.

    Friedler’s quiet, contemplative work stands in contrast to the conspicuous consumption everywhere in Miami this week. It offers an opportunity to reflect on what really motivates artists. More than money, more than fame, the initial impulse to create is based on the desire to express something the artist believes is true.

     

    Go to artnet News’s Art Basel in Miami page for the latest coverage, including:

    10 Ridiculous But True Rules For Navigating Art Basel in Miami Beach

    9 Art World Pick-Up Lines Guaranteed (NOT) To Work At Art Basel in Miami Beach

    15 Art Basel in Miami Beach Parties You’ll Never Get Into

    Art World Sexy, Powerful, and Intimidating List: People You Need to Network With in Miami